La prima volta le sentii nominare anni fa in uno dei divertenti sketch tratto da "I Corti" di Aldo, Giovanni & Giacomo.
"Pane, panelle, patate vugghiute..." e da allora mi è sempre rimasta la pulce nell'orecchio.
La battuta mi faceva molto ridere ma ho sempre meditato di scoprire, cos'erano e che sapore avessero queste pane e panelle.
Una decina di anni fa infatti, durante una vacanza in Sicilia, ci siamo fermati a Palermo e ho ordinato subito pane e panelle, che delizia!
Ecco lo spuntino siciliano per eccellenza come contributo alla giornata nazionale del cibo di strada italiano organizzato dal
Calendario del Cibo Italiano.
Pane e panelle rappresentano uno degli street food più famosi della gastronomia siciliana, anzi palermitana, per esser più precisi.
A Palermo è una sorta d'istituzione, allo stesso modo del "pane ca' meusa", ma di più facile consumo.
La panella è una frittella a base di farina di ceci, acqua salata e prezzemolo, una crema densa fatta asciugare e poi fritta in abbondante olio e infine accompagnata alla mafalda o giuggiulena (panino tipico siciliano ricoperto in superficie da semi di sesamo).
Il tutto viene servito con una bella spruzzatina di limone e generalmente accompagnato insieme ai cazzilli (crocchette di patate fritte, anche queste specialità tipica della rosticceria siciliana).
Le panelle si preparano cuocendo acqua e farina di ceci in un tegame e quando il composto inizia ad addensarsi, si aggiunge il prezzemolo tritato.
Le origini
Gli arabi, durante la dominazione tra il IX° e l'XI° secolo in Sicilia, iniziarono a macinare i semi dei ceci per poterne ricavare una farina, che unita all'acqua, si trasformava in una sorta di impasto crudo.
L'utilizzo dei ceci in cucina era già diffuso in epoca romana imperiale, infatti a quel tempo veniva realizzata una sorta di "polenta" che prevedeva la cottura di farina di ceci e acqua.
Pare che anche i greci e tutto il sub continente indiano ne facessero uso.
Ma le panelle come le conosciamo oggi, furono probabilmente introdotte in epoca tardo-medievale durante il dominio francese della dinastia Angioina della Sicilia, di cui si racconta ne fosse particolarmente ghiotta.
Pare che in origine le panelle fossero chiamate “piscipanelli” perché venivano realizzate a forma di piccolo pesce, per dare l'illusione della frittura di pesce, che per la maggior parte della popolazione era un lusso che non si poteva permettere a causa dei costi elevati.
In passato il "panellaro" ovvero colui che prepara le panelle, girava per le strade con la sua carretta sulla quale era montata una baracchina di legno chiusa su tre lati.
All'interno si trovava un fornello e una grande casseruola piena di olio per la frittura, un ripiano con le panelle già fritte, che si presentavano in bella mostra e infine un contenitore di latta che conteneva il sale.
La carretta si fermava strategicamente davanti alle scuole per ingolosire i ragazzi.
Curiosità
Particolari apprezzatori illustri delle panelle erano Luigi Pirandello e Leonardo Sciascia.
Ed ora, ecco a voi le mie panelle col pane, fatto rigorosamente con le mie manine.